I processi di digitalizzazione rappresentano un’importante opportunità per le aziende, in grado di incrementare l’efficienza produttiva, la competitività sul mercato e la qualità del lavoro, con ripercussioni positive in termini di sostenibilità economica e ambientale.

Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni, nel nostro Paese la strada da percorrere è ancora lunga. Soprattutto per le piccole e medie imprese. Secondo l’ultimo rapporto Istat, nel 2023 il 60,7% delle PMI ha adottato almeno 4 delle 12 attività digitali che compongono il DII (Digitale Intensity Index), l’indicatore introdotto dall’UE per misurare il grado di digitalizzazione delle aziende. Tuttavia, si riscontrano ancora molti elementi di criticità, che allontano l’Italia dalla media europea e dagli obiettivi identificati dal Programma strategico per il decennio digitale: trasformazione digitale delle imprese; sviluppo di competenze specialistiche e di base; digitalizzazione dei servizi pubblici; realizzazione di infrastrutture digitali sicure e sostenibili.

Gli indicatori della digitalizzazione in Italia

La relazione 2023 dell’Osservatorio sulla trasformazione digitale dell’Italia evidenzia ritardi su diversi fronti: «nell’ambito del capitale umano, per esempio, l’Italia si trova all’ultimo posto per quota di laureati in discipline ICT, con un valore pari all’1,4% (poco meno di un terzo rispetto alla media europea di 3,9%); considerando la connettività, solo due terzi delle famiglie italiane (66%) adottano la banda larga, posizionando il Paese al 24° posto in UE con un gap di 12 punti percentuali dalla media europea». Di contro, alcuni indicatori confermano significativi passi avanti:

  • incremento della connettività (5G);
  • potenziamento della cybersicurezza;
  • maggiori investimenti in inclusione digitale;
  • incremento degli investimenti nel Piano Scuola 4.0;
  • sviluppo dello SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale);
  • evoluzione del Fascicolo Sanitario Elettronico (circa 58 milioni di FSE attivi nel 2022);
  • aumento del valore dell’e-commerce (più che raddoppiato tra il 2016 e il 2022);
  • aumento del valore delle transazioni cashless;
  • incremento delle transazioni effettuate con PagoPA (pagamenti diretti alla Pubblica Amministrazione).

Nelle piccole e medie imprese, in particolare, il grado di digitalizzazione è inferiore alla media europea. Sul podio si posizionano Danimarca e Svezia, mentre l’Italia è solo 19^ in classifica. Secondo il Report Istat 2023, il 47,9% delle PMI utilizza almeno un software gestionale, ma la mancanza di competenze genera ancora molte reticenze rispetto all’introduzione dell’IA nei processi produttivi. Tra le aziende con almeno 10 dipendenti il nostro Paese si distingue, invece, per l’adozione del cloud computing (61,4% delle imprese, rispetto al 45,2% della media europea) e della fatturazione elettronica (prevista per legge e utilizzata dal 97,5% degli operatori economici).

Prospettive future per le PMI

L’indagine multimercato condotta da Qonto in Italia, Spagna, Francia e Germania, evidenzia che la stragrande maggioranza dei leader aziendali ha una percezione positiva del futuro (l’85% degli intervistati in Italia, l’86% in Spagna e l’84% in Germania). Nel nostro Paese, il 48% delle PMI prevede di aumentare le assunzioni nel 2024, contro una media europea del 42%. Gli investimenti per l’anno in corso sono orientati principalmente verso i dipartimenti tecnologici, identificati come una priorità da Spagna, Italia e Germania. In generale, le PMI europee mostrano ottimismo nei confronti delle nuove tecnologie e dei vantaggi che potrebbero portare alle rispettive attività, soprattutto per quanto riguarda AI, Fintech e IoT.

Si stima che il processo di digitalizzazione, entro il 2026, genererà oltre 2 milioni di occupati con competenze digitali e altrettanti con competenze green. La trasformazione digitale in Italia coinvolgerà diverse figure professionali, non solo quelle specializzate, con un impatto significativo sul sistema educativo e sul mercato del lavoro. Con il 34% di occupati nel settore privato e il 41% di fatturato, le PMI ricoprono un ruolo rilevante per l’ecosistema. Per misurare il grado di maturità tecnologica delle piccole e medie imprese, l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI ha messo a punto un modello basato su tre fondamenti: adozione tecnologica, cultura digitale dell’azienda, capacità di interagire con l’ecosistema di appartenenza. Dai punteggi ottenuti si evince che le PMI non hanno ancora elaborato una digital strategy strutturata, né una reale capacità di relazionarsi con soggetti esterni.  Gli strumenti a sostegno della formazione digitale sono stati poco sfruttati e solo il 25% delle PMI ha avviato progetti di digitalizzazione. Il 35% delle imprese fatica a riconoscere il ruolo chiave della transizione digitale per lo sviluppo del settore economico di riferimento e unicamente l’8% punta a integrare nell’organico figure con competenze specialistiche. «Il passaggio da un approccio di breve termine a uno di medio-lungo termine passa dallo sviluppo di una consapevolezza sui benefici del digitale», ha sottolineato Federico Iannella, Ricercatore dell’Osservatorio Professionisti e dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI. «Per compiere questo passo è necessaria una trasformazione culturale dell’impresa che comprenda lo svolgimento di attività formative anche da parte degli imprenditori, per accrescere la loro capacità di elaborare strategie di medio-lungo termine in cui il digitale riveste un ruolo preminente, e l’inserimento in organico di figure con esperienze e competenze in questo ambito. È proprio in quest’area che si auspicano sempre più iniziative e agevolazioni a favore delle PMI, sia da parte del legislatore che dagli enti di trasferimento tecnologico attivi sui territori e delle organizzazioni di rappresentanza, per fornire ai capi-filiera gli strumenti necessari per guidare e migliorare la digitalizzazione del settore di riferimento attraverso la promozione di buone pratiche e progetti condivisi».