Il coding non è solo un linguaggio di programmazione, ma un processo basato sul pensiero computazionale, la capacità di affrontare problemi, anche complessi, applicando l’astrazione e la scomposizione in passaggi più semplici per giungere alla soluzione.

Programmare significa impartire istruzioni a un esecutore che non è dotato di intelligenza propria. Per questo le indicazioni fornite devono essere chiare, semplici e dettagliate. Con l’espressione pensiero computazionale si indica l’abilità di formulare un problema e rappresentare la soluzione sotto forma di algoritmo, ossia suddividendola in passaggi elementari, che l’esecutore possa seguire e mettere in atto.  Se utilizzato come strumento didattico, il coding permette di sviluppare la creatività, implementare la capacità di problem solving e acquisire le competenze digitali indispensabili per tutti i futuri professionisti, non solo coloro che lavoreranno nel settore IT. Per questo la programmazione informatica è sempre più presente all’interno dei percorsi scolastici.

L’origine del pensiero computazionale

Il concetto di pensiero computazionale (Computational Thinking) fu introdotto da Seymour Papert, matematico e informatico sudafricano naturalizzato statunitense, nel testo Mindstorms: Children, Computers, and Powerful Ideas (1980). Nel 1967, assieme agli scienziati informatici Wally Feurzeig e Cynthia Solomon, Papert progettò la prima versione di Logo, sviluppato all’interno del gruppo di lavoro sull’educazione della Bolt Beranek and Newman Inc. (BNN) di Cambridge. Considerato il primo linguaggio di programmazione a scopo didattico, Logo era il risultato degli studi compiuti in tre differenti aree di ricerca: psicologia dello sviluppo, logica matematica, intelligenza artificiale.

Già collaboratore di Jean Piaget, fra i massimi esperti di psicologia infantile, negli anni ‘70 Papert entrò a far parte del laboratorio sull’Intelligenza Artificiale del Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove lavorò al fianco del matematico Marvin Minsky. Fondendo il Costruttivismo di Piaget con gli studi sulle nuove tecnologie, Papert elaborò la teoria del Costruzionismo, secondo la quale l’utilizzo del computer può favorire lo sviluppo precoce del pensiero formale nei bambini, che grazie all’esperienza personale sono in grado di costruire autonomamente il proprio apprendimento e creare dei propri modelli mentali. «Piaget distingueva tra “pensiero concreto” e “pensiero formale”. Il pensiero concreto è già presente quando il bambino entra nel 6° anno di età e si consolida negli anni successivi. Il pensiero formale non si sviluppa fino a quando il bambino non ha un’età almeno doppia, vale a dire circa 12 anni […]. La mia congettura è che il computer può concretizzare (e personalizzare) il pensiero formale. In quest’ottica esso non è solo un altro potente strumento formativo. Esso è unico nell’assicurarci i mezzi per perseguire ciò che Piaget e molti altri vedono come un ostacolo da superare nel passaggio dalla pubertà al pensiero adulto».

Definizione e applicazioni del pensiero computazionale

Nel 2006 Jeannette Wing, direttrice del Data Science Institute della Columbia University, formulò la prima definizione di pensiero computazionale, inteso come «processo di formulazione di problemi e di soluzioni in una forma che sia eseguibile da un agente che processi informazioni». Autrice del saggio Communications of the ACM, la Wing fu la prima a teorizzare che le tecniche di astrazione e risoluzioni dei problemi del pensiero computazionale potessero essere applicate con successo in altre discipline. Secondo la visione della Wing, l’informatica non è solo un’attività di coding, ma un’abilità concettuale fondamentale per chiunque nella società moderna. Un’istruzione informatica di qualità andrebbe, dunque, affiancata alle abilità di base, perché consente di pensare a vari livelli di astrazione. «L’astrazione ci dà la possibilità di scalare e gestire la complessità […]. In informatica, costruiamo abitualmente sistemi in termini di livelli di astrazione, che ci permettono di concentrarci su un livello alla volta e sulle relazioni formali».

L’informatica fra le abilità di base

Nel sistema educativo moderno il pensiero computazionale viene considerato la quarta abilità di base, assieme alla capacità di leggere, scrivere e fare calcoli.

In Italia il concetto di Scuola Digitale è stato introdotto nel 2007, quando si è discusso per la prima volta di un Piano Nazionale per promuovere l’innovazione nei contesti di apprendimento. A partire dall’anno scolastico 2014/15, il MIUR ha promosso “Programma il Futuro”, un percorso che punta all’introduzione nella scuola primaria del pensiero computazionale, ritenuto uno strumento fondamentale per lo sviluppo dei più piccoli. Tra gli obiettivi della Scuola Digitale rientrano i seguenti punti:

  • definire una serie competenze digitali strategiche, che ogni studente è tenuto a sviluppare;
  • coinvolgere gli allievi mediante format didattici innovativi;
  • sostenere i docenti nel ruolo di mediatori e facilitatori, per favorire i percorsi di apprendimento;
  • aggiornare il curriculum scolastico.