L’obsolescenza programmata dei prodotti tecnologici penalizza i consumatori e reca danni all’ambiente. Stando a uno studio della Commissione Europea il 77% dei cittadini dell’UE preferirebbe far riparare i propri dispositivi elettronici, piuttosto che acquistarne di nuovi. Un’attenzione alla sostenibilità ambientale che l’Europa valorizza e persegue, portando avanti un iter legislativo che favorisca la responsabilizzazione nei confronti della transizione green, l’ecodesign e il diritto alla riparazione.

Cosa si intende per obsolescenza programmata?

L’obsolescenza pianificata è una strategia commerciale volta a limitare il ciclo di vita di un prodotto, in modo da mantenere alta la domanda e incentivare l’acquisto di nuovi modelli.

Questo espediente fu utilizzato per la prima volta nel 1924, quando 30 società produttrici, tra cui General Electrics, Philips e Osram, formarono un cartello industriale per ottenere reciproci benefici dalla commercializzazione di massa delle lampadine elettriche. Il cosiddetto Cartello Phoebus adottò l’attacco Edison come standard, si accordò su un prezzo univoco e stabilì la durata massima delle lampadine a incandescenza a 1.000 ore (in origine la durata era di 2.500 ore). L’espressione obsolescenza programmata, tuttavia, fu coniata ufficialmente solo nel 1932. Nell’articolo Ending the Depression. Through. Planned Obsolescence, l’immobiliarista statunitense Bernard London teorizzò che si trattasse di uno strumento indispensabile per risanare l’economia e risollevare il Paese dalla crisi del ‘29. «I mobili, i vestiti e le altre merci dovrebbero avere una durata di vita, proprio come gli esseri umani. Quando vengono utilizzati per il tempo stabilito, devono essere ritirati e sostituiti con merce nuova. Dovrebbe essere compito dello Stato, in qualità di regolatore dell’economia, assicurarsi che il sistema funzioni senza intoppi, decidendo le questioni relative al capitale e al lavoro e controllando che tutti siano sufficientemente occupati».

La vita media dei dispositivi elettronici

A distanza di un secolo, l’obsolescenza pianificata resta una strategia di marketing molto diffusa tra le aziende produttrici. Ad essere maggiormente interessati sono gli elettrodomestici e i dispositivi tecnologici. Prodotti programmati per essere difficili da riparare e per i quali è complicato trovare componenti sostitutive. 

Se pc e tablet hanno un ciclo di vita di circa 5/10 anni, gli smartphone in genere hanno una durata media di 2/3 anni. A incentivare la periodica sostituzione dei device non sono solo l’usura e gli elevati costi della riparazione. Il lancio di prodotti sempre più performanti genera nei consumatori un’obsolescenza percepita. Un meccanismo alimentato dalle mode e dalla pubblicità, che induce a ritenere prodotti ancora performanti antiquati e a sostituirli con modelli di ultima generazione.

La posizione dell’UE

Oltre a impoverire le tasche dei consumatori l’obsolescenza programmata pone gravi problemi ecologici: aumento esponenziale di rifiuti difficili da smaltire, eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, vasto impiego di terre rare (Rare Earth Elements o REE). Questi elementi chimici presenti in alcuni minerali sono preziosi non tanto per la loro scarsità, ma perché richiedono un sistema di estrazione e lavorazione molto complesso. Attualmente, i maggiori paesi esportatori sono Stati Uniti e Cina, che con il 70% della produzione detiene una sorta di monopolio. L’Europa dipende dalla Cina per la realizzazione di componenti impiegati in settori strategici come l’automotive, le energie rinnovabili e la medicina, fondamentali per l’economia dell’UE e per la transizione green. Il 16 marzo 2023 l’unione Europea è intervenuta con una proposta di regolamento sulle materie prime critiche (CRMA), volta a garantire un approvvigionamento «sicuro, diversificato, conveniente e sostenibile di materie prime essenziali».

«Questa legge ci avvicinerà alle nostre ambizioni climatiche», ha commentato in una nota la presidente Ursula von der Leyen. «Migliorerà in modo significativo la raffinazione, la lavorazione e il riciclaggio delle materie prime critiche qui in Europa. Le materie prime sono vitali per la produzione di tecnologie chiave per la nostra doppia transizione, come la generazione di energia eolica, lo stoccaggio dell’idrogeno o le batterie. Inoltre, stiamo rafforzando la nostra cooperazione con partner commerciali affidabili a livello globale per ridurre le attuali dipendenze dell’UE solo da uno o pochi paesi. È nel nostro reciproco interesse aumentare la produzione in modo sostenibile e allo stesso tempo garantire il massimo livello di diversificazione delle catene di approvvigionamento per le nostre imprese europee».

Economia circolare e sostenibilità ambientale: il diritto alla riparazione

Per tutelare i consumatori e sostenere gli obiettivi del Green Deal, il 22 marzo 2023 l’UE ha rafforzato i propri intenti con una proposta di direttiva recante norme che promuovono la riparazione di beni  anche oltre la scadenza della garanzia. Anziché sostituire i prodotti difettosi i consumatori potranno far leva sul diritto alla riparazione dei dispositivi ancora funzionali, rivolgendosi anche a servizi indipendenti da quelli offerti dai produttori. Per agevolare e promuovere la riparazione e il riutilizzo dei beni l’UE ha individuato sei opzioni strategiche:

  • attribuzione di priorità alla riparazione qualora risulti più economica della sostituzione;
  • creazione di una piattaforma nazionale, in grado di abbinare i consumatori ai riparatori e promuovere beni ricondizionati;
  • obbligo per i riparatori di elaborare, su richiesta, preventivi che specifichino i costi e le condizioni per la riparazione basati su un modello standard (modulo europeo di informazioni sulla riparazione);
  • obbligo per i produttori di effettuare riparazioni al di fuori della garanzia legale a fronte di un prezzo;
  • obbligo per i produttori di comunicare l’obbligo di riparazione applicabile;
  • norma volontaria per la riparazione facile a livello dell’UE sulla riparazione (norma europea per i servizi di riparazione).

Queste misure, secondo Bruxelles, non solo renderanno più semplice e vantaggiosa la riparazione, ma incentiveranno i produttori a «sviluppare modelli di business più sostenibili».